venerdì 29 marzo 2013

II DOMENICA DI QUARESIMA ( GREGORIO PALAMS)

II DOMENICA DI QUARESIMA
SAN GREGORIO PALAMAS
 
 
 
 
 
 
 
La seconda domenica della Grande Quaresima è dedicata a San Gregorio Palamas, un Padre della Chiesa di età piuttosto recente (morto nel 1359, fu canonizzato tra i santi nel 1368), ma non per questo meno "Padre" per i cristiani ortodossi. La gloria della Chiesa ortodossa è di essere sempre "nell'età dei Padri": noi non consideriamo i Padri della Chiesa come l'espressione di un passato "sottosviluppato", ma come l'immutabile testimonianza della pienezza di conoscenza custodita dalla Chiesa in ogni tempo: ieri, oggi, domani.
Il contributo teologico di San Gregorio Palamas è immenso: in un'età in cui correnti filosofiche neoplatoniche iniziavano a introdurre una innaturale separazione tra corpo e anima, tra la conoscenza di Dio e la sua sperimentazione nella preghiera, questo gigante della fede ortodossa offrì ai cristiani l'antidoto al veleno: non fece altro, in verità, che ribadire le cose già dette da Padri più antichi, ovvero che Dio è inconoscibile nella sua essenza, ma conoscibile (e sperimentabile) attraverso le sue energie. Insistendo sulla dottrina delle energie, spiegava come l'esperienza della luce divina (dalla luce sul Monte Tabor durante la Trasfigurazione di Cristo, fino alla luce vista dopo anni di cammino di preghiera dagli asceti del Monte Athos) è esperienza diretta delle energie di Dio, e ricordava ai cristiani ortodossi che il cammino di addestramento nella preghiera ci porta nella nostra totalità (anima e corpo) verso il contatto diretto con Dio.
. Nulla di strano che la Chiesa onori un grande e santo arcivescovo con queste parole. Più curioso invece è Marco 2:1-12, che narra la guarigione del paralitico di Cafarnao.
Che cosa ha di particolare questo miracolo, uno dei primi segni del carattere messianico di Gesù, con San Gregorio Palamas? La Tradizione della Chiesa non ci offre mai accostamenti casuali o banali, tanto meno nelle parole stesse del Vangelo. La risposta alla domanda può essere trovata con un attento paragone tra il brano evangelico e la dottrina delle energie divine, ripresa da San Gregorio.
L'episodio della guarigione del paralitico mette Gesù in grado di dimostrare, con un prodigio di salute fisica, che Egli è in grado di guarire anche l'anima di un uomo (rimettendo i suoi peccati). La situazione non è poi molto distante da quella dei monaci esicasti difesi da San Gregorio: anche in questo caso, un prodigio fisico (l'apparizione di una luce nella preghiera degli asceti) rimandava a un prodigio interiore altrettanto importante (la percezione diretta di Dio mediante il contatto con le sue energie). Entrambi i casi ci ricordano che la salvezza cristiana non è un procedimento "disincarnato" e sottile, ma una radicale trasformazione che investe tutto il nostro essere, corpo e anima (un "approccio olistico", per usare un termine oggi piuttosto comune). E si capisce anche perché a questo scopo (la salvezza globale dell'essere umano) vale la pena di dedicare un grande spazio, forse anche un'intera domenica della nostra Grande Quaresima.
Nel celebrare la memoria di San Gregorio Palamas, noi facciamo ben di più che ricordarci quanto la salvezza investe tutto il nostro essere, corpo e anima: noi professiamo la pienezza di una fede davvero salvifica, di cui tutti hanno bisogno.
Abbiamo celebrato la scorsa domenica il trionfo della fede ortodossa: cerchiamo ora di approfondire questa fede, di farla nostra, in modo che quando il messaggio della fede "esploderà" nel culmine della gioia pasquale, anche il nostro contributo personale sia in grado di portare salvezza a quanti ci circondano, in tutto il loro essere, corpo e anima.

II DOMENICA DI QUARESIMA (GREGORIO PALAMAS)



II DOMENICA DI QUARESIMA
 
San Gregorio Palamas
 
 
San Gregorio Palamas
 
 
APOLITIKION


Astro dell'ortodossia, sostegno e maestro della Chiesa, bellezza dei monaci, imbattibile difensore dei teologi, o Gregorio taumaturgo, vanto di Tessalonica, araldo di grazia, prega sempre per la salvezza delle anime nostre.
 
KONDAKION


A te che, qual condottiera, per me combattesti, innalzo l’inno della vittoria; a te porgo i dovuti ringraziamenti io che sono la tua città, o Madre di Dio. Tu, per la invincibile tua potenza, liberami da ogni sorta di pericoli, affinché possa a te gridare: salve, o sposa sempre vergine.
 
 
 
 
 
 
APOSTOLO

Ebrei 1,10-2,3

E ancora:Tu, Signore, da principio hai fondato la terra
e opera delle tue mani sono i cieli.
Essi periranno, ma tu rimani;
invecchieranno tutti come un vestito.
Come un mantello li avvolgerai
,
come un abito
e saranno cambiati;
ma tu rimani lo stesso, e gli anni tuoi non
avranno fine.
A quale degli angeli poi ha mai detto:
Siedi alla mia destra,
finché io non abbia posto i tuoi nemici sotto
i tuoi piedi?

Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono ereditare la salvezza? Proprio per questo bisogna che ci applichiamo con maggiore impegno a quelle cose che abbiamo udito, per non andare fuori strada. Se, infatti, la parola trasmessa per mezzo degli angeli si è dimostrata salda, e ogni trasgressione e disobbedienza ha ricevuto giusta punizione, come potremo scampare noi se trascuriamo una salvezza così grande? Questa infatti, dopo essere stata promulgata all'inizio dal Signore, è stata confermata in mezzo a noi da quelli che l'avevano udita.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Vangelo
 

Mc 2,1-12

Ed entrò di nuovo a Cafarnao dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la parola.
Si recarono da lui con un paralitico portato da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dov'egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: «Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati».
Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?».
Ma Gesù, avendo subito conosciuto nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate così nei vostri cuori? Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va' a casa tua». Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti e tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».
 
 
 
 

venerdì 22 marzo 2013

I° DOMENICA DI QUARESIMA (DELL'ORTODOSSIA)



                                     



                                                         VANGELO GIOVANNI 1, 43-62


L'indomani, Gesù decise di partire per la Galilea. Incontra Filippo e gli dice: Seguimi. Filippo era della città di Andrea e di Pietro. Filippo (che il Signore aveva già chiamato)incontra Natanaele e gli dice: Colui di cui scrissero Mosè nella legge e i profeti, l'abbiamo trovato: Gesù figlio di Giuseppe. Era chiamato figlio di Giuseppe, perché Giuseppe aveva sposato sua madre. Tutti i cristiani, infatti, sanno bene dal Vangelo che Gesù fu concepito e nacque da una vergine. Così disse Filippo a Natanaele, e aggiunse il luogo donde Gesù proveniva: Nazareth. Gli disse Natanaele: Da Nazareth può venire qualcosa di buono? Come si deve intendere questo, o fratelli? C'è chi intende questa frase non come un'affermazione, ma come un'interrogazione, e cioè: Da Nazareth può venire qualcosa di buono? Interviene infatti Filippo, il quale dice: Vieni e vedi (Gv 1, 43-46). Questo intervento si accorda con ambedue i toni: sia con quello affermativo: Da Nazareth può venire qualcosa di buono, confermato da Filippo che dice: Vieni e vedi; sia con quello dubitativo e interrogativo: Da Nazareth può venire qualcosa di buono? Vieni e vedi. Comunque si pronunci, in un modo o nell'altro, non è in contrasto con le parole che seguono; e a noi importa piuttosto sapere che cosa dobbiamo intendere con queste parole.
 Chi fosse questo Natanaele, lo apprendiamo da quel che segue. Sentite chi era; il Signore stesso gli rende testimonianza. Grande il Signore che la testimonianza di Giovanni ci fece conoscere; beato Natanaele che la testimonianza della Verità ci fece conoscere. Anche senza la testimonianza di Giovanni, il Signore poteva rendere testimonianza a se stesso, perché alla Verità basta la testimonianza di se stessa. Ma siccome gli uomini non potevano raggiungere la Verità, dovettero cercarla per mezzo della lucerna, e per questo fu inviato Giovanni, di cui il Signore si servì per manifestarsi. Ascoltate, dunque, il Signore che rende testimonianza a Natanaele: Gli disse Natanaele: Da Nazareth può venire qualcosa di buono. Gli dice Filippo: Vieni e vedi. Gesù vide venire a sé Natanaele e dice di lui: Ecco davvero un israelita, in cui non c'è finzione (Gv 1, 46-47). Quale testimonianza! Né di Andrea, né di Pietro, né di Filippo è stato detto ciò che è stato detto di Natanaele: Ecco davvero un israelita, in cui non c'è finzione.
[Il pescatore e l'imperatore.]
 E con questo, o fratelli? Dobbiamo concludere che Natanaele doveva essere lui il primo degli Apostoli? Non solo Natanaele non risulta il primo nella lista degli Apostoli, ma nemmeno a metà, neppure l'ultimo. Eppure è a lui che il Figlio di Dio ha reso una così grande testimonianza dicendo: Ecco davvero un israelita, in cui non c'è finzione. Ci si domanda perché. Per quel tanto che il Signore ci concede di capire, possiamo saperlo. Dobbiamo tener presente, infatti, che Natanaele era uno studioso e un esperto della legge; per questo il Signore non volle annoverarlo tra i suoi discepoli, perché aveva scelto dei semplici, per confondere il mondo. Ascoltate cosa dice l'Apostolo: Guardate la vostra chiamata, o fratelli: non sono molti tra voi i potenti, non molti i nobili, ma Dio ha scelto ciò che è debole del mondo per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che è ignobile nel mondo e ciò che è disprezzato e ciò che non esiste, quasi esistesse, per annientare ciò che esiste (1 Cor 1, 26-28). Se Dio avesse scelto un uomo dotto, questi avrebbe potuto pensare d'essersi meritato la chiamata per la sua dottrina. Il Signore nostro Gesù Cristo, volendo piegare la cervice dei superbi, non volle servirsi del retore per andare in cerca del pescatore, ma si servì di un pescatore per conquistare l'imperatore. Verrà Cipriano un grande oratore, ma prima c'è Pietro il pescatore, per mezzo del quale crederà non soltanto l'oratore ma anche l'imperatore. Nessun nobile, nessun dotto fu scelto per primo: perché Dio scelse ciò che secondo il mondo è debole, per confondere ciò che è forte. Natanaele, dunque, era un uomo importante e senza finzione; e questo è il solo motivo per cui non fu scelto, affinché nessuno credesse che il Signore era venuto a scegliere i dotti. Che proveniva dalla scuola della legge lo dimostra il fatto che appena quest'uomo molto esperto nella legge sentì da Nazareth (egli aveva studiato a fondo le Scritture, e sapeva che da Nazareth sarebbe potuto venire il Salvatore, cosa che non così facilmente gli altri scribi e farisei conoscevano); e sentì dire da Filippo: Colui di cui scrissero Mosè nella legge e i profeti, l'abbiamo trovato: Gesù di Nazareth, figlio di Giuseppe; quest'uomo che conosceva molto bene le Scritture, dunque, udito il nome di Nazareth, si sentì animare e sollevare dalla speranza, ed esclamò: Da Nazareth può venire qualcosa di buono.
 E vediamo il resto che si riferisce a lui: Ecco davvero un israelita, in cui non c'è finzione. Che significa in cui non c'è finzione? che era senza peccato? che non era malato? che non aveva bisogno del medico? Nulla di tutto ciò. Nessuno che nasce sulla terra può fare a meno di quel medico. Che significa dunque in cui non c'è finzione? Cerchiamo un po' più attentamente, e con l'aiuto del Signore vedremo chiaro. Il Signore parla di finzione. Chi conosce il latino, sa che c'è finzione quando si fa una cosa e se ne simula un'altra. M'intenda, vostra Carità. Dolo non è lo stesso che dolore. Dico questo perché molti, inesperti in latino, usano espressioni come questa: "Il dolo lo fa soffrire", mentre si tratta di dolore. Il dolo è frode, è finzione. Quando uno dice una cosa diversa da quella che nasconde in cuore, finge; ed è come se avesse il cuore doppio, il cuore con due pieghe: una piega in cui vede la verità, l'altra in cui concepisce la menzogna. La prova che in ciò consiste la finzione l'avete in un salmo che parla di labbra ingannatrici. Che significa labbra ingannatrici? Il salmo continua: In cuore e cuore hanno detto cose cattive (Sal 11, 3). Che significa cuore e cuore, se non cuore doppio? Se dunque in Natanaele non c'era finzione, ciò significava che il medico lo considerava guaribile, non sano. Una cosa infatti è essere sano, un'altra guaribile, un'altra ancora inguaribile: chi è malato e si spera guarirlo, lo si dice guaribile; chi è malato e si dispera di guarirlo, lo si ritiene inguaribile; chi è già sano, non è bisognoso del medico. Il medico che era venuto per guarire, vide che quest'uomo era guaribile, perché in lui non c'era finzione. In che senso non c'era finzione in Natanaele? Perché, se è peccatore, si confessa tale. Se, invece, è peccatore e si professa giusto, allora sulla sua bocca c'è finzione. In Natanaele, quindi, il Signore lodò la confessione del peccato, non disse che non era un peccatore.
 Perciò, quando i Farisei, che si consideravano giusti, rimproverarono il Signore perché, come medico, si mescolava ai malati, e dissero: Ecco con chi mangia: con i pubblicani e i peccatori, il medico rispose a quei pazzi: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori (Mt 9, 11-13). Era come dire: Voi vi chiamate giusti, e siete peccatori; vi proclamate sani, e siete malati; rifiutate la medicina, e non avete salute. Così, quel fariseo che aveva invitato il Signore a pranzo, si riteneva sano; mentre quella donna ammalata che irruppe nella casa, ove non era stata invitata, e fatta ardita dal desiderio della salute, si accostò, non al capo del Signore, non alle mani, ma ai suoi piedi: li lavò con le lacrime, li asciugò con i capelli, li baciò, li unse con unguento profumato e, peccatrice, fece pace con i passi del Signore. Il fariseo, che sedeva a quella tavola, quasi fosse stato sano, rimproverò il medico dicendo tra sé: Costui, se fosse profeta, saprebbe chi è la donna che gli tocca i piedi. Egli pensava che il Signore non la conoscesse, perché non l'aveva scacciata, quasi ad evitare che lo toccassero mani immonde. Ma il Signore la conosceva, e permise che lo toccasse affinché quel contatto la guarisse. Leggendo nel cuore del fariseo, il Signore gli propose questa parabola: Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta. Non avendo essi da pagare, condonò il debito ad ambedue. Chi, dunque, di essi lo amerà di più? Simone rispose: Colui al quale condonò di più, suppongo. E, rivolto alla donna, disse a Simone: Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua: non mi hai versato acqua sui piedi; essa, invece, mi ha bagnato i piedi con le sue lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Non mi hai dato un bacio; essa, invece, da che sono entrato non ha smesso di coprirmi i piedi di baci. Non mi hai unto il capo con olio; costei, invece, mi unse i piedi con unguento. Perciò, ti dico, i suoi peccati, i suoi molti peccati le sono perdonati perché ha dimostrato molto amore. Ma colui al quale si perdona poco, dimostra poco amore (Lc 7, 36-47). Era come dire: tu sei più malato di questa e credi di essere sano; credi che poco ti debba essere condonato, mentre in realtà sei più debitore. Ben ha meritato questa donna la medicina, perché in lei non c'era finzione; e non c'era finzione perché ha confessato i suoi peccati. E' per questo motivo che il Signore loda Natanaele: perché in lui non c'era finzione. Molti farisei, invece, che erano carichi di peccati, si ritenevano giusti e ricorrevano alla finzione, e perciò non potevano essere guariti.
 Il Signore, dunque, vide quest'uomo, nel quale non c'era finzione, e disse: Ecco davvero un israelita, in cui non c'è finzione. Gli dice Natanaele: Come mi conosci? Gli rispose Gesù: Prima che Filippo ti chiamasse, quand'eri sotto il fico - cioè, sotto l'albero di fico - io ti ho veduto. Gli rispose Natanaele: Rabbi, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re di Israele (Gv 1, 47-49). Natanaele intravide qualcosa di grande in queste parole: Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho veduto, che stavi sotto il fico; per questo uscì in tale esclamazione: Tusei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele, quale soltanto in seguito Pietro pronunciò, quando il Signore gli disse: Beato sei tu Simone Figlio di Giovanni, perché non te l'ha rivelato la carne e il sangue, ma il Padre mio che è in cielo (Mt 16, 17). E fu allora che lo denominò Pietra, esaltando in questa fede il fondamento della Chiesa. Qui Natanaele esclama: Tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele. E donde è nata questa esclamazione? Da ciò che gli è stato detto: Prima che Filippo ti chiamasse, quand'eri sotto il fico, io ti ho veduto.
[Anche noi siamo stati cercati.]
Vediamo se quest'albero di fico ha qualche significato particolare. Ascoltate, o miei fratelli: abbiamo trovato l'albero di fico maledetto, perché aveva soltanto foglie, e non frutti(cf. Mt 21, 19). All'origine del genere umano, Adamo ed Eva, dopo il peccato, si fecero delle cinture con foglie di fico (cf. Gn 3, 7). Le foglie di fico rappresentano dunque i peccati. Ora, Natanaele si trovava sotto l'albero di fico, come all'ombra della morte. Lo vide il Signore, del quale è stato detto: La luce si è levata per coloro che erano seduti all'ombra della morte (Is 9, 2). Che cosa è stato detto a Natanaele? Tu chiedi a me, o Natanaele, dove ti ho conosciuto? Tu parli ora con me, perché Filippo ti ha chiamato. Ma, colui che il Signore chiamò per mezzo del suo apostolo, costui già prima lo aveva visto appartenente alla sua Chiesa. O tu Chiesa, o tu Israele, in cui non c'è finzione; se tu sei il popolo d'Israele in cui non c'è finzione, vuol dire che hai già conosciuto Cristo per mezzo degli Apostoli, come lo conobbe Natanaele per mezzo di Filippo. Ma la sua misericordia ti vide prima che tu lo conoscessi, quando ancora giacevi sotto il peso del peccato. Forse che noi per primi abbiamo cercato Cristo, o non è stato lui invece il primo a cercarci? Forse che siamo stati noi, i malati, a recarci dal medico, e non è stato invece il medico a venire dai malati? Non è stato forse il pastore a cercare la pecora che si era perduta, il pastore che, lasciate le novantanove, la cercò e la trovò, riportandola lieto a casa sulle sue spalle? Non si era forse perduta la dracma, e la donna, accesa la lucerna, non la cercò per tutta la casa finché non l'ebbe trovata? E come l'ebbe trovata, Rallegratevi con me, - disse alle vicine - perché ho trovato la dracma che avevo perduto (Lc 15, 4-9). Noi pure c'eravamo perduti come la pecora, come la dracma; e il nostro pastore ha ritrovato la pecora, non senza averla cercata; la donna ha ritrovato la dracma, ma solo dopo averla cercata. Chi è questa donna? E' la carne di Cristo. E la lucerna? Ho preparato la lucerna per il mio Unto (Sal 131, 17). Dunque, siamo stati cercati perché potessimo essere ritrovati; ritrovati, possiamo parlare. Non andiamo in superbia, perché prima d'essere ritrovati eravamo andati perduti, e siamo stati cercati. E quelli che amiamo, allora, e che vogliamo guadagnare alla pace della Chiesa, non ci dicano più: Perché volete farlo? perché ci venite a cercare, se siamo peccatori? Appunto per questo vi cerchiamo, perché non vi perdiate; vi cerchiamo perché anche noi siamo stati cercati; vogliamo ritrovarvi, perché anche noi siamo stati ritrovati.
 E così, alla domanda di Natanaele: Come mi conosci?, il Signore rispose: Prima che Filippo ti chiamasse, quando eri sotto l'albero del fico, io ti ho veduto. O tu Israele senza finzione, o popolo, chiunque tu sia, che vivi di fede, prima che io ti chiamassi per mezzo dei miei Apostoli, quando stavi ancora all'ombra della morte e ancora non mi vedevi, io ti ho veduto. Il Signore poi dice a Natanaele: Perché ti ho detto: Ti ho visto sotto il fico, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste! Che significa cose più grandi di queste? E gli dice: In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e discendere sopra il Figlio dell'uomo (Gv 1, 48-51). Fratelli, so di avervi parlato di cose più grandi che non sia questa, indicata dalle parole Ti ho visto sotto l'albero di fico. Che Dio ci abbia chiamati e giustificati, è certamente cosa più grande che l'averci visti giacere all'ombra di morte. A che cosa ci avrebbe giovato l'essere stati visti, se ci avesse lasciati dove ci ha visti? Non saremmo ancora là? Che è questa cosa più grande? Quando mai noi abbiamo visto gli angeli salire e discendere sopra il Figlio dell'uomo?
Già una volta vi ho parlato di questi angeli che salgono e discendono; ve lo ricordo brevemente, nel caso che ve ne siate dimenticati; ve ne parlerei più diffusamente se dovessi esporre, e non soltanto ricordare l'argomento. Giacobbe vide in sogno una scala, e sulla scala vide degli angeli salire e discendere; e unse la pietra su cui aveva posato il capo (cf. Gn 28, 12-18). Sapete che Messia vuol dire Cristo, che Cristo vuol dire Unto. Giacobbe non eresse la pietra unta per adorarla: l'avrebbe considerata un idolo, non un simbolo di Cristo. Rimanendo nei termini del simbolo, ne fece il simbolo di Cristo. Era una pietra unta, non un idolo: una pietra unta, ma perché una pietra?Ecco, io pongo in Sion una pietra scelta, preziosa, e chi crederà in essa non sarà confuso (Is 28, 16; 1 Pt 2, 6). E perché la unse? Perché Cristo deriva da crisma, da unzione. E che cosa vide Giacobbe sulla scala? Vide degli angeli che salivano e discendevano. Così è della Chiesa, o fratelli: gli angeli di Dio sono i buoni predicatori che annunciano Cristo: essi salgono e discendono sopra il Figlio dell'uomo. In che senso salgono, e in che senso discendono? Ne abbiamo un esempio in uno di loro: ascoltate l'apostolo Paolo; ciò che egli ci dice di sé possiamo applicarlo agli altri araldi della verità. Ecco Paolo che sale: So di un uomo in Cristo, il quale quattordici anni fa, fu rapito - se col corpo e se fuori del corpo non so: lo sa Iddio - fino al terzo cielo e udì parole ineffabili, che non è concesso a uomo di proferire (2 Cor 12, 2-4). Avete ascoltato l'Apostolo che sale; ascoltatelo ora, quando discende: Non potei parlare a voi come a uomini spirituali ma come a carnali, come a bimbi nel Cristo vi diedi a bere latte, non cibo solido (1 Cor 3, 1-2).Ecco come si abbassa colui che è asceso. Fin dove era asceso? Fino al terzo cielo. Fin dove è disceso? Fino a dare il latte ai bambini. Ascoltate perché è disceso. Sono diventato - dice - un pargolo in mezzo a voi, come una nutrice che circonda di cure i suoi piccoli (1 Thess 2, 7). Vediamo le nutrici e le mamme farsi piccole con i piccoli: se sanno parlare in latino, sminuzzano le parole tormentando la lingua erudita per costringerla ad esprimere carezzevoli accenti infantili; perché se non si sforzassero di adattarsi, il bambino non capirebbe e non trarrebbe alcun profitto. Anche un padre potrebbe essere colto e un tale oratore da far risuonare il foro e tremare la tribuna: quando rientra a casa, se ha un bambino piccolo che lo aspetta, mette da parte l'eloquenza forense con la quale era salito in alto, e con accenti infantili si accosta al suo piccolo. Ascoltate, in una medesima espressione, l'Apostolo che sale e discende: Se siamo usciti di senno è per Dio; se siamo ragionevoli, è per voi (2 Cor 5, 13). Che cosa vuol dire: Se siamo usciti di senno, è per Dio? Che contempliamo quelle cose che non è concesso a uomo di proferire. Che cosa vuol dire: Se siamo ragionevoli, è per voi? Mi sono proposto di non saper altro in mezzo a voi che Gesù Cristo, e Gesù Cristo crocifisso (1 Cor 2, 2). Se il Signore stesso è salito e disceso, vuol dire che anche i suoi predicatori devono salire mediante l'imitazione di lui, e discendere con la predicazione.
[La verità fonte di gaudio.]
 Se vi abbiamo trattenuti oggi un po' più a lungo, è stato col proposito di far passare i momenti cruciali; pensiamo che ora quelli abbiano terminato lo spettacolo delle loro vanità. Quanto a noi, o fratelli, dopo che abbiamo partecipato al banchetto della salvezza, cerchiamo di trascorrere solennemente il resto del giorno del Signore nella letizia dello spirito, preferendo le gioie della verità ai vani divertimenti; e se questi ci disgustano, dobbiamo sentir pena per quanti ne subiscono il fascino; la pena, poi, ci porterà a pregare per loro. Se pregheremo, saremo esauditi; se saremo esauditi, avremo guadagnato anche loro.





I° DOMENICA DI QUARESIMA (DELL'ORTODOSSIA)

I° DOMENICA DI QUARESIMA (DELL'ORTODOSSIA)




LETTURA DELLA DOMENICA
24/03/2013


Apolitikion

Sebbene il sepolcro fosse sigillato dai Giudei e i soldati custodissero il tuo immacolato corpo, Tu, Salvatore, sei  risorto al terzo giorno, dando la vita al mondo. Perciò le potenze celesti cantavano a te, o Vivificatore: gloria alla tua risurrezione, o Cristo, gloria al tuo regno, gloria alla tua provvidenza, o solo amico degli uomini.



Kondakion

A te che, qual condottiera, per me combattesti, innalzo l’inno della vittoria; a te porgo i dovuti ringraziamenti io che sono la tua città, o Madre di Dio. Tu, per la invincibile tua potenza, liberami da ogni sorta di pericoli, affinché possa a te gridare: salve, o sposa sempre vergine.




Apostolo

Ebrei 11, 24-26. 32-40


Per fede Mosè, divenuto adulto, rifiutò di esser chiamato figlio della figlia del faraone, preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio piuttosto che godere per breve tempo del peccato. Questo perché stimava l'obbrobrio di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d'Egitto; guardava infatti alla ricompensa.
E che dirò ancora? Mi mancherebbe il tempo, se volessi narrare di Gedeone, di Barak, di Sansone, di Iefte, di Davide, di Samuele e dei profeti, i quali per fede conquistarono regni, esercitarono la giustizia, conseguirono le promesse, chiusero le fauci dei leoni, spensero la violenza del fuoco, scamparono al taglio della spada, trovarono forza dalla loro debolezza, divennero forti in guerra, respinsero invasioni di stranieri. Alcune donne riacquistarono per risurrezione i loro morti. Altri poi furono torturati, non accettando la liberazione loro offerta, per ottenere una migliore risurrezione. Altri, infine, subirono scherni e flagelli, catene e prigionia. Furono lapidati, torturati, segati, furono uccisi di spada, andarono in giro coperti di pelli di pecora e di capra, bisognosi, tribolati, maltrattati - di loro il mondo non era degno! -, vaganti per i deserti, sui monti, tra le caverne e le spelonche della terra.
Eppure, tutti costoro, pur avendo ricevuto per la loro fede una buona testimonianza, non conseguirono la promessa: Dio aveva in vista qualcosa di meglio per noi, perché essi non ottenessero la perfezione senza di noi.


                    


Vangelo

Giovanni 1, 44-52


 Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret». Natanaèle esclamò: «Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo».






sabato 16 marzo 2013

DOMENICA DEL PERDONO




DOMENICA DEL PERDONO



Con domenica del Perdono, entriamo nella stagione più sacra del nostro anno cristiano: la Grande Quaresima. Il digiuno avrà inizio dopo il Vespro di domani sera stessa . In questo Vespro (celebrato in momenti diversi a seconda degli usi e delle possibilità delle nostre comunità) è contenuto il rito del perdono, in cui i cristiani si chiedono perdono a vicenda per tutte le colpe commesse gli uni contro gli altri. In questo modo, cerchiamo di mettere in pratica le parole che abbiamo ascoltato all'inizio del Vangelo di questa domenica: "se perdoneremo agli uomini le loro colpe, anche il nostro Padre celeste le perdonerà a noi".
Da questo gesto di chiedere e ricevere il perdono si ricavano alcuni insegnamenti. Certo, quello che ci salta agli occhi più facilmente è il valore del perdono nei momenti in cui si vuole offrire un sacrificio - piccolo o grande - al Signore. Non possiamo offrire un digiuno gradito a Dio se non siamo in pace gli uni con gli altri. Tutto lo sforzo di preghiera, di studio e di attenzione allo Spirito vale ben poca cosa se è condito di risentimenti, di ripicche, di incapacità di perdonare e dimenticare le offese.
Un altro insegnamento è l'atteggiamento giusto del perdono, che non si va a OFFRIRE, ma a CHIEDERE: è un gesto di umiltà, che focalizza la nostra attenzione sui nostri peccati, e non su quelli degli altri. Imparando questa lezione di umiltà, potremo essere colmati di gioia dallo Spirito Santo e fare della Grande Quaresima un vero periodo di rinascita spirituale.
Ma la lezione più importante da imparare è che il perdono è al centro della vita dei cristiani. Perdonare è essere come Dio, poiché Dio perdona tutti. Quando perdoniamo, partecipiamo delle energie di Dio. E questo è lo scopo della vita cristiana. Per partecipare della natura di Dio, il primo passo è il perdono. La Chiesa, le Sacre Scritture, i Santi, la voce della nostra coscienza, ci continuano a ripetere: perdonate, perdonate, perdonate.
Dopo avere insegnato l'importanza del perdono, Cristo ci offre alcuni consigli sul digiuno. Ci esorta a non essere ipocriti, e a non cercare in questo mondo la ricompensa del nostro cammino di purificazione e di perfezionamento. Le immagini che seguono, sui tesori corruttibili e quelli incorruttibili, sono molto appropriate, e ci fanno capire quanto sia importante quel tesoro nei cieli. Il tesoro nei cieli non è soltanto una consolazione di buone speranze umane, ma è la stessa partecipazione alle energie di Dio a cui abbiamo fatto cenno: una realtà che vale tutto lo sforzo del nostro cammino quaresimale.

Che cosa possiamo fare, per incominciare, per rendere la Grande Quaresima davvero proficua? Intanto, considerare questi giorni come la "decima" del tempo dell'anno. Il periodo quaresimale dura poco più della decima parte del nostro anno: pensiamolo come il periodo "donato al Signore", quello che ci fa vivere nel modo più pieno anche i nove decimi che teniamo per noi! Possiamo fare in modo che le nostre offerte al Signore (non solo il digiuno, ma anche la preghiera e l'elemosina) siano più intense. Possiamo riprendere in mano i Vangeli e rileggerli (anche chi ormai li sa a memoria di solito ottiene ulteriori spunti di sapienza da un'altra rilettura). Se poi non abbiamo mai avuto tempo oppure occasione di leggerli tutti, allora ecco una buona ispirazione per i giorni che verranno!
Possiamo poi fare silenzio nelle nostre vite. Anche un poco di provvidenziale distacco dalla tecnologia che riempie la nostra vita sarà sufficiente a donarci momenti di introspezione: potremmo farci quelle domande sul senso della nostra vita, sul nostro destino, che non abbiamo mai avuto tempo (o coraggio) di affrontare. Forse scopriremo che per alcune delle cose davvero importanti della vita "è più tardi di quanto pensiamo", e ci prepareremo a incontrare il Signore, al suo ritorno sulla terra o al momento in cui ci chiamerà alla vita eterna. Scopriremo in tal modo che i nostri sforzi quaresimali ci hanno aiutato ad accumulare quei "tesori incorruttibili" di cui ci ha parlato il Vangelo, e a prepararci a una gioia che il mondo non può conoscere.