sabato 9 novembre 2013

SAN MINA




11 NOVEMBRE 2013

 SAN MINA


 Мина Александрийский


Esegesi delle fonti di San Mena

Le Passiones di San Mena d’Egitto e di San Mena di Cotyaeum

Le fonti che descrivono la vita, il martirio ed i miracoli di San Mena d’Egitto sono numerose, ma piuttosto confuse. Innanzitutto la passio 1 di San Mena, cioè il suo martirio, ed i racconti dei miracoli 2 a lui riferibili sono conosciuti nella versione greca, latina, copta, araba ed etiope. A questi si può aggiungere un panegirico 3, irrilevante al fine di ricostruire la vita del santo, ed un inno di Romano il Melode 4 (morto nel 555 circa) che di fatto è una traduzione poetica della passio greca, oltre a rappresentare la più antica fonte sul martire.
La versione greca della passio è la più antica e conta tre differenti traduzioni, a loro volta tratte da alcuni manoscritti. La prima traduzione viene edita nell’Analecta Bollandiana nel 18845, la seconda da Theophilos Joannon nello stesso anno6, mentre la terza e l’inno di Romano il Melode da Krumbacher nel 1909.7
Lo studioso Pio Franchi de’ Cavalieri ha fatto notare in un saggio 8 che l’inno di Romano il Melode – il testo cronologicamente più antico su Mena conosciuto attualmente – non è che un riadattamento della passio di San Gordio tratto da una celebre omelia di San Basilio. Egli conclude affermando “… Un agiografo comincia con l’adattare la storia di San Gordio a s. Mena, trasfondendo quasi per intero la parte storica dell’omelia di San Basilio, naturalmente non senza modificazioni e aggiunte. Da tale adattamento derivano la recensione alla quale si attenne Romano e quella da cui procedono alla loro volta la Passio Bollandiana e la Theophilia.”9. Quest’ultima, avendo meno elementi in comune con la Passio basiliana, a suo avviso è da ritenersi più recente; mentre la traduzione Bollandiana, la più lontana dall’omelia, potrebbe essere coeva o posteriore a quella edita da Theopilos. La genealogia proposta da De’ Cavalieri ha incontrato oramai il favore della maggioranza degli studiosi.10
È possibile quindi formulare una prima ipotesi secondo cui la passio originale sulla vita di San Mena forse non è mai esistita ma che invece fosse plagio di una storia, quella sì vera 11, su San Gordio. L’autore del testo greco chiaramente non da alcuna informazione storicamente attendibile poiché i fatti che racconta sono plasmati da un’altra fonte completamente estranea alla vita di San Mena, dimostrando che l’obiettivo del testo non fosse far conoscere le vere gesta del martire egiziano.
Ritornando alle tre passiones greche, esse raccontano, con poche rilevanti differenze, di Mena, soldato cristiano di origine egiziana agli ordini del tribuno Firmiliano nel numerus Rutiliacorum o τῶν΄Ρουτιλιακῶν. Egli è a Cotyaeum 12, città della Frigia Salutare, in Asia Minore, al momento delle persecuzioni di Diocleziano contro i cristiani e per questo decide di lasciare l’esercito e rifugiarsi nel deserto, preferendo la vita con animali selvaggi che adorare falsi idoli.
San Menà d'EgittoDopo un certo lasso di tempo Mena riappare all’ improvviso in città, più precisamente nel teatro cittadino dove gran parte della popolazione era riunita, ed in mezzo alla folla annuncia la sua fede in Cristo.
Interrogato ed imprigionato dal governatore Pirro, viene poi torturato lungamente ed infine, dopo atroci sofferenze che non scalfiscono la sua fede, viene accompagnato fuori città e condannato a morte per decapitazione. Il suo corpo è poi dato alle fiamme.
A questo punto della narrazione le varie passioni presentano della piccole varianti. La passio edita da Krumbacher narra di alcuni fedeli cristiani che prima raccolgono i resti del martire e poi ne diffondono le reliquie in altri paesi non ben specificati. Le restanti due passio sono concordi nel riferire che alcuni fedeli raccolgono le spoglia del santo che, dopo averle riposte ordinatamente in un sarcofago, vengono riportato in Egitto così da soddisfare l’ultimo desiderio di Mena.Una traduzione latina ad opera di Mombritious 13 di una fonte greca ci riporta un’altra versione: i fedeli dopo aver rinchiuso il corpo nel sarcofago sistemano quest’ultimo sul dorso di un cammello che, guidato da un angelo, giunge fino in Egitto sino a fermarsi nel luogo dove Mena è poi sepolto e dove sorgerà la basilica a lui dedicata.
Come fece notare Delehaye 14, il fatto che un animale portatore di reliquie possa essere il mezzo per la scelta del luogo della sepoltura di un santo non è raro nelle agiografie in quanto utilizzato di solito per spiegare come il santuario di un particolare luogo sia entrato in possesso delle reliquie di un martire di provenienza esterna.
Le altre versioni delle passiones ci danno maggiori, o in alcuni casi differenti, informazioni sulla vita ed il martirio di San Mena. Grazie al lavoro di Wallis Budge è stato possibile confrontare le precedenti fonti greche e romane con alcuni esempi di provenienza orientale conservati nelle notazioni agiografiche presenti nel Sinassario Arabo Giacobita 15 ed in due testi di tradizione etiope16. Queste fonti, malgrado ricalchino anch’esse la storia del martirio di San Gordio, danno nuove e diverse indicazioni circa le origini del santo e delle sue reliquie.
Nel Sinassario Mena sarebbe originario della città egiziana di Ketwa, la cui esistenza è ignorata dalle fonti storiche ma che potrebbe essere solamente una storpiatura di Cotyaeum. 17 Egli è però nato in Frigia in quanto i genitori, Eudochio ed Eufemia, vi si sono trasferiti per ordine imperiale a causa di complotto organizzato dal fratello di Eudochio. Inoltre Mena nasce grazie all’intervento divino della Vergine: mentre Eufemia era inginocchiata a pregarla di avere un figlio, sentì provenire dall’icona posta di fronte a lei una voce e la parola “Amen”. Fu così che la coppia ebbe un figlio a cui diedero il nome di Mena, cioè un anagramma di “Amen”, il quale crebbe seguendo la fede cristiana.
In seguito alla morte del padre ne prende il posto di ufficiale e quando Diocleziano emette il suo editto contro i cristiani, fugge nel deserto e vi rimane finché un giorno gli appaiono alcuni martiri che gli recano bellissime corone mentre una voce gli dice che quelle corone erano il premio per i martiri di Cristo. Egli dunque torna in città dove viene condannato e muore decapitato in seguito alla sua dichiarazione di fedeltà al cristianesimo. Le sue reliquie, salvate dalle fiamme e conservate da alcuni fedeli, ritornano in Egitto non sul dorso di un cammello ma in maniera assai differente. Dopo una rivolta nella regione della Pentapoli, nei pressi del lago Mareotis, sono inviate alcune truppe dalla Frigia in soccorso alla guarnigione egiziana. Il comandante di queste truppe, il prefetto Atanasio, decide di imbarcare con sé anche le reliquie di San Mena così da proteggere la spedizione. La sua si rivela una scelta saggia. Durante la traversata del Mediterraneo una serie di animali mostruosi, con lunghi colli e teste simili a quelle di cammelli, circondano l’imbarcazione. Quando questi mostri decidono di attaccare, dalle reliquie di Mena appaiono improvvisamente delle lingue infuocate che fanno fuggire le bestie. Tutti coloro presenti sulla nave si dichiarano immediatamente ferventi fedeli di San Mena e lo pregano e glorificano per il suo divino aiuto. Una volta sbarcati ad Alessandria i soldati, grazie ancora all’ intercessione del Santo, sconfiggono i rivoltosi con facilità. Quando Atanasio decide di tornare in Frigia, il cammello sul quale erano state poste le sante reliquie non accenna però a muoversi. Una volta tentato inutilmente con tutti i cammelli a disposizione, il prefetto a malincuore si arrende vedendo in questo strano comportamento la volontà di Dio e del Santo di rimanere in Egitto. Lo seppelliscono quindi in quel luogo e vi costruiscono un piccolo cenotafio.
Tempo dopo il seppellimento del corpo di Mena avviene un miracolo vicino alla sua tomba: nelle sue vicinanze vi è infatti una fonte presso la quale un giorno si trova un pastore con il suo gregge. Egli osserva annoiato una pecora zoppa bagnarsi a questa fonte, rotolarsi nella sabbia vicina, ed iniziare a camminare guarita dalla sua malattia.
Il pastore, incredulo per quanto aveva visto, prova a sfregare della sabbia bagnata con l’acqua sulle altre pecore zoppicanti che possedeva e tutte guariscono immediatamente. La fama di questo episodio raggiunge presto il “Re di Costantinopoli”18, il quale aveva una figlia malata di lebbra. Egli decide perciò di farla partire immediatamente per Alessandria accompagnata da una numerosa scorta. Una volta giunta alla fonte la donna si sfregò sull’intero corpo della sabbia bagnata e, decisa a trascorrere la notte nei pressi dell’oasi, si svegliò il mattino dopo completamente guarita.
Inoltre durante la notte le era apparso in sogno San Mena, dichiarando che quello era il luogo della sua sepoltura e che ella doveva informare di ciò il padre, cosicché egli potesse inviare denaro e uomini per edificarvi una chiesa in suo onore. I due testi etiopi su San Mena, il primo molto più breve del secondo malgrado la somiglianza col Sinassario Arabo Giacobita, se ne differenziano per alcuni particolari episodi. Il primo19, per esempio, narra di come Satana, invidioso del potere di San Mena e della città edificata in suo onore, istigò un gruppo di uomini malvagi a distruggere la chiesa appena eretta ed a predare le reliquie del martire, lasciando il centro di Karm Abu Mina in rovina. Alcuni fedeli decidono di ricostruire la chiesa, e dopo avervi posto i resti mortali di San Mena, i suoi interventi miracolosi crebbero in numero ed in potenza.
Il secondo testo 20, più lungo e complesso, approfondisce alcuni aspetti di altri episodi. Le corone che San Mena vede nella visione avuta nel deserto, per esempio, erano tre e rimandavano a quelle delle Trinità. La voce che egli ha udito spiegò che esse simboleggiavano la castità, la pazienza e la sopportazione ed infine il martirio. L’episodio dei mostri marini, invece, viene approfondito maggiormente distinguendo due differenti momenti di attacco portati all’imbarcazione e, più specificatamente, al corpo del martire.
L’episodio dei cammelli che non vogliono ripartire dall’Egitto viene integrato con nuove informazioni. Dopo aver percepito in ciò la volontà di Dio, Atanasio fa scolpire su legno un’immagine del martire da portare con sé a guisa di protezione lungo il difficile viaggio che li attendeva sino alla Frigia. San Mena viene qui descritto come un santo in vesti militari circondato da adoranti cammelli ai suoi piedi. Atanasio pone poi l’immagine sul corpo del martire, la quale ne assorbe parte dei poteri, e fa chiudere i resti mortali del santo in una cassa di legno incorruttibile che viene posta nella tomba appena costruita.
Dal punto di vista storico le passiones tendono a confondersi e confonderci, condividendo una matrice comune d’origine ma ripentendosi senza dare serie prove della veridicità storica degli eventi narrati. A sostegno di questa affermazione è la nota dipendenza della passio di Mena dall’elogio di San Basilio a San Gordio, una adattamento causato dalla mancanza di una storiografia ufficiale.
Il fatto più importante però, sottolineato anche da Delehaye, è forse quello riguardante i luoghi delle passiones21. Gli episodi che riguardano la vita, i miracoli, il martirio e la sepoltura di San Mena sono focalizzati su due luoghi: la Frigia e l’Egitto o, più precisamente, Cotyaeum e la zona del lago Mareotis. Secondo il bollandista il continuo peregrinare di San Mena è legato alla volontà di 

giustificare l’inconsueto martirio di un santo soldato egiziano in Frigia e, dall’altra parte, di rendere plausibile le reliquie a Mareotis di un santo martirizzato a Cotyaeum.
Sempre Delehaye 22 ipotizza quali potrebbero essere state due delle cause ad aver generato questa confusione. La prima di queste è che San Mena d’Egitto possa essere stato confuso con un santo omonimo proveniente dalla Frigia: esiste difatti un martire a Cotyaeum di nome Mena la cui vita rassomiglia molto, forse troppo, a quella del suo omonimo egiziano. Malgrado Delehaye sia abbastanza categorico nell’affermare che non esistano prove storiche della sua esistenza e che il nome rimandi ad un origine egiziana piuttosto che greca o asiatica, altri studiosi sono più possibilisti. Sauget23 ammette che si ignora un San Mena a Cotyaeum, ma afferma che è possbile ottenere qualche risultato allargando la ricerca alla Frigia e accettando anche altre versioni del nome. Egli fa notare che il Martirologio Siriaco menziona un “Menios a Laodicea”, mentre nel Martirologio Gerominiano si legge “In lauditia Phrygiae Minisei” o “in Frigia Moenisii”, tutti in data 23 giungo (in realtà luglio).
È corretto aggiungere però che non si conosce alcuna rappresentazione del santo di Frigia se non quella di un mosaico perduto noto solo tramite l’iscrizione di Anazarbus 24.
La seconda ipotesi di Delahaye25, appoggiata successivamente da Maraval 26 e Walter 27, ritiene che San Mena di Cotyaeum non sia altro che San Mena d’Egitto. Secondo il bollandista la veloce diffusione del culto di San Mena dovette avere così successo in Frigia, che fu presto dichiarato patrono di Cotyaeum.
Il santuario fondato qui in suo onore e la mancanza di una leggenda ufficiale fecero sì che San Mena d’Egitto adorato a Cotyaeum divenisse San Mena d’Egitto martirizzato a Cotyaeum. Le passiones, con ogni probabilità scritte in Frigia, crearono un’agiografia atta ad ufficializzare questa particolare situazione oltre a dotare Cotyaeum, attraverso la passio etiope, di una reliquia “indiretta” del santo.
Inoltre Delahye28, a supporto della sua ipotesi, fa notare che malgrado questo scambio di luoghi possa considerarsi inusuale nel panorama agiografico non è però unico. Egli ricorda il caso di San Demetrio e del suo culto il cui centro era ed è a tutt’oggi Tessalonica ma le cui origini si devono però cercare a Sirmio.
Questa leggenda permetteva anche ad i fedeli egiziani di ritenersi abbastanza soddisfatti avendo di fatto a disposizione un’agiografia ufficiale che spiegava la presenza delle reliquie del martire in Egitto, anche se ne ambientava il martirio in Frigia. Malgrado questo essi affermarono sempre che San Mena d’Egitto fosse un egiziano, il quale visse e morì in Egitto. Addirittura San Sofronio di Gerusalemme (550 – 639) nei SS. Cyri et Ioannis miracula 29, affermava che Mena oltre ad essere sempre vissuto in Egitto, vicino al luogo dove poi sarebbe stato innalzato il santuario a lui dedicato, vi sarebbe morto in circostanze naturali e non violente.

I miracoli
Le passiones appena analizzate sono solo una parte del corpus delle fonti su San Mena, data l’esistenza di una serie di raccolte dei miracoli di diversa provenienza. Esse sono composte da quattro tradizioni diverse – la greca, la copta, l’etiope e l’araba – che si differenziano, almeno in parte, anche nel contenuto.

 Esattamente come le passiones.
La prima raccolta di miracoli ricollegabili a San Mena ad essere pubblicata fu quella greca, edita da Pomjalovskij 30 nel 1900 sulla scorta di un unico testo manoscritto greco da lui visionato.31 Secondo lo studioso l’autore sarebbe il vescovo d’ Alessandria Timoteo (380 – 384) ma tale tesi non verrà mai supportata da alcun collega. Successivamente i tredici episodi di tale raccolta, detta la raccolta greca, furono ritrovati in altri manoscritti, talvolta tutti e tredici, talvolta dieci, talvolta cinque, oppure di meno. A questa raccolta fu poi affiancata una versione coopta 32 ed una etiope33, che ne aumentarono il numero di miracoli rispettivamente a diciassette ed a diciannove. La versione in lingua copta affermava di essere opera del successore del vescovo Timoteo cioè Teofilo Arcivescovo d’Alessandria.34 Inoltre né i miracoli etiopi né quelli copti sono mai stati interamente tradotti e pubblicati. Chaine 35 nel 1910 ne fece sono una lista con i titoli dei miracoli etiopi, poi ripresa da Wilber nel 1940 ed integrata con dei brevissimi riassunti36; infine Devos 37 ne tradusse solo alcuni episodi particolari. Drescher 38 nel 1946 constatò che il manoscritto n. 590 della Peirpoint Morgan Library, contenente la raccolta copta, aveva subito dei danneggiamenti in corrispondenza dei miracoli centrali e ne riportò solo la premessa e la conclusione assieme ai primi e agli ultimi tre episodi, utilizzando la raccolta greca come fonte per gli altri episodi.
Più recentemente la studiosa tedesca Felicitas Jaritz, nel suo imponente lavoro di analisi e studiobe stato innalzato il santuario a lui dedicato, vi sarebbe morto in circostanze naturali e non violente.delle fonti di lingua araba su San Mena, ha individuato in numerosi manoscritti databili tra il XII ed il XVIII secolo ventotto episodi miracolosi del martire. Di questi, i primi ventitré sono contenuti in un unico codice 39 tanto da formare una raccolta araba di San Mena 40.
La raccolta copta, quella etiope e quella araba, contengono al loro interno tutti i tredici miracoli di quella greca, seppur posti in ordine diverso. Alcune piccole differenze tra la versione greca e quella copta fanno pensare ad un’origine più antica della seconda. Nel miracolo de “La resurrezione del pellegrino”, per esempio, il porto sul lago Mareotis viene chiamato Loxoneta anziché più correttamente Philoxonite, come riportato rispettivamente dal miracolo greco e da quello copto.41 Gli studi di Devos, che si sono soffermati soprattutto sulle differenze tra le traduzioni copte e etiopi, hanno portato lo studioso ad affermare che il testo di partenza fosse quello copto, poi tradotto in greco, ed attraverso il testo arabo fosse giunto sino alla traduzione etiope. Tale ipotesi fu successivamente confermata anche da altri studiosi.42

Miracolo greco 1 - La resurrezione del pellegrino
Un ricco mercante di Alessandria decise di andare in pellegrinaggio fino al santuario di San Mena munito di una borsa piena di denaro da donare al tempio. Lungo il cammino soggiornò presso un oste che decise di impossessarsi della borsa uccidendolo e facendolo a pezzi. Mentre stava tentando di occultarne il corpo, l’oste vide giungere un uomo a cavallo che indossava le vesti di spatario. Costui altro non era che Mena il quale, scoperto il cadavere, intimò all’oste di pentirsi se desiderava essere perdonato. L’uomo, grato, accettò e munitosi di cento pezzi d’argento da donare si avviò verso il santuario assieme al mercante, nel frattempo resuscitato da Mena. L’oste morì dopo sette anni di penitenza e dopo la sua scelta di prendere i voti; il mercante tornò invece ad Alessandria dove raccontando il miracolo convertì una folla di eretici e pagani.

Miracolo greco 2 - Eutropio ed i piatti
Eutropio, cittadino d’Alessandria, ordinò presso un orafo due piatti d’argento i quali avevano impresso rispettivamente il suo nome e quello di San Mena. Il primo piatto era destinato ad essereofferto presso il santuario del martire mentre il secondo Eutropio lo volle tenere con sé come protezione; solo dopo la sua morte sarebbe stato anch’esso donato. Egli stava navigando verso la sua meta quando un servo perdette in acqua il piatto dedicato al Santo e tuffandosi per recuperarlo non riemerse più. Eutropio allora pregò il santo di far riapparire il corpo dello schiavo, così da dargli sepoltura, ed in cambio egli avrebbe donato altri due piatti oltre quello rimasto. Una volta giunto al santuario trovò ad attenderlo il servo con il piatto perduto in mano. Egli raccontò che in acqua una figura luminosa lo aveva condotto in salvo. Eutropio capì allora che la figura misteriosa doveva essere San Mena e quindi lasciò in dono al santuario non solo i piatti ma anche lo schiavo.

Miracolo greco 3 - La pellegrina salvata dal soldato molesto
Sofia, una ricca donna, decise di dedicare tutta la sua vita a San Mena quando scoprì di non poter avere figli. Essa si mise così in viaggio verso il santuario del martire e si trovava presso la chiesa di Santa Tecla quando vide arrivare una guardia armata a cavallo la quale, notando di essere sola, la aggredì. La donna impaurita invocò l’aiuto di San Mena il quale improvvisamente apparve a cavallo e la salvò. Il martire poi l’accompagnò assieme al suo aggressore, che nel frattempo era rimasto imbrigliato per un piede al cavallo, sino al Santuario dove il soldato ferito si pentì.

Miracolo greco 4 - Il cristiano bugiardo e l’ebreo
Un ebreo e un cristiano erano vicini di casa e in buoni rapporti. Un giorno l’ebreo lasciò all’amico un piccolo contenitore sigillato e la chiave, poiché doveva assentarsi. Il cristiano e la moglie decisero però di truffarlo negando di aver mai ricevuto qualcosa, rassicurati dal fatto che l’accusatore era ebreo. Questi, accortosi del tranello, sfidò il vicino ad accompagnarlo al Santuario di San Mena che era noto per scoprire gli spergiuri. Messisi in viaggio l’ebreo cercò di far rinsavire l’amico invocando a più riprese San Mena, ma inutilmente. A tre miglia dalla chiesa il cavallo del cristiano lo disarcionò e, senza che questi se ne accorgesse, la chiave si sfilò dalla tasca e rimase a terra. Poco dopo, durante una sosta, apparve un servo mandato dalla moglie del cristiano che gli portò il piccolo contenitore dicendo che la donna lo aveva ricevuto assieme alla chiave da un soldato a cavallo, il quale ordinò di mandare il tutto al marito. L’ebreo scoprì così l’inganno e, reso grazie a Dio, decise di convertirsi e di offrire i suoi beni e la sua vita al Santuario dedicato a San Mena.

Miracolo greco 5 - Il paralitico e la donna muta
Un uomo paralizzato fu portato presso il Santuario di San Mena. Qui incontrò una donna muta ed insieme implorarono il martire di liberarli dalle loro sofferenza, ma inutilmente. Finché una notte il martire apparve in sogno all’uomo, convincendolo che peccando con la donna avrebbe liberato entrambi. Il mattino seguente l’uomo scappò via correndo e la donna riprese a parlare.

Miracolo greco 6 - La samaritana salvata dall’oste violento
Una donna samaritana soffriva di continue emicranie sicché decise di recarsi in pellegrinaggio al sepolcro di San Mena invocando la guarigione. Lungo la strada alloggiò presso una locanda vicino al lago. Qui l’oste, attratto dalla donna, tentò di sedurla e violentarla. Mentre l’uomo brandiva un gladio per ucciderla ella invocò San Mena ed improvvisamente le braccia dell’uomo si paralizzarono. Il martire nel frattempo giunse a cavallo e portò la donna al sicuro. Quando la samaritana arrivò al santuario decise di prendere il battesimo e dedicare la proprio vita a San Mena. In seguito giunse anche l’oste con ancora le mani bloccate a stringere il gladio: pentito del gesto implorò il martire di essere liberato. Una notte San Mena gli apparve in sogno, suggerendogli di utilizzare l’olio della lampada che ardeva nel suo santuario. Anche l’oste quando fu guarito decise di consacrare la sua via a San Mena.
Miracolo greco 7 - I tre fratelli ed il coccodrillo
Tre fratelli partirono per recarsi alla basilica di San Mena per offrire un maiale ciascuno. Essi stavano sostando presso la riva di un lago quando un coccodrillo catturò e trascinò sul fondo uno dei fratelli che, invocato San Mena, fu salvato mentre la bestia fu uccisa. Il martire lo caricò sul suo cavallo e lo portò al santuario lasciandolo addormentato. Una volta svegliatosi il fratello annunciò a tutti il miracolo avvenuto e tutti iniziarono a lodare Mena e Dio. Nel frattempo il martire si recò al lago dove avvertì i fratelli del miracolo e scomparve. I due si diressero alla basilica dove poterono trovare il terzo fratello e portare a compimento la loro donazione.

Miracolo greco 8 - Il ricco uomo e la povera vedova
Un ricco pagano di Constantia aveva per vicina una povera vedova che nulla possedeva eccetto una pecora ch’egli bramava. All’avvicinarsi della festa di San Mena il pagano volle unirsi ai festeggiamenti e lo propose alla moglie, la quale rifiutò dicendogli che prima avrebbe dovuto essere battezzato. Il pagano accettò e prima di partire per il santuario ordinò ad un servo di portar 
via la pecora alla povera donna che scoperto il crimine si disperò e cercò inutilmente il colpevole. La moglie del pagano nel frattempo invitò la vedova a recarsi con lei al santuario di San Mena dove trovarono il marito che negò di essere colpevole della sparizione della pecora. Quando egli fu giunto alla tomba del martire per il battesimo le sue mani e i suoi piedi iniziarono a rinsecchirsi ed egli iniziò ad urlare ed a confessare il suo crimine; poco dopo fu condotto fuori dal sotterraneo e legato ad una colonna del ciborio dove, con la moglie al fianco, spirò. La donna poi fece dono di tutti gli averi del marito al santuario.

Miracolo greco 9 - Il cammelliere spergiuro
Un cammelliere, avendo una cammella sterile, pregò San Mena di renderla feconda ed in cambio gli avrebbe donato il primo maschio che l’animale avesse partorito. In seguito dalla cammella naquero tre piccoli ma l’uomo non mantenne la promessa. Così un giorno giunse San Mena a cavallo che prima portò i piccoli cammelli assieme alla madre alla basilica e poi apparve in sogno al cammelliere avvertendolo che aveva saldato il debito da sé. Una volta sveglio e sicuro della visione che aveva avuto, l’uomo decise di dedicare la propria vita a San Mena e gli donò tutti i suoi cammelli.

Miracolo greco 10 - Il proprietario di cavalli pagano
Un pagano di nome Prinos abitava vicino al lago nei pressi di Alessandria ed era molto devoto ad un idolo che adorava in un tempio vicino. Egli uditi i poteri eccezionali di San Mena, lo pregò di guarire una giumenta sterile che amava moltissimo ed in cambio gli avrebbe offerto tre zampe del puledro che sarebbe poi nato, mentre la quarta l’avrebbe offerta al suo idolo. Quando la giumenta ebbe finalmente un puledro, il pagano si accorse che l’animale aveva sole tre zampe. Subito dopo apparve San Mena che lo avvertì che se il suo idolo aveva qualche potere, avrebbe potuto donare la quarta zampa all’animale. Il pagano rinunciò così al suo dio e si convertì donando la giumenta e la metà dei suoi beni al martire.

Miracolo greco 11 - Il soldato e l’offerta di legna

Un uomo di nome Teofilo preparò della legna da imbarcare come dono a San Mena. Venne però un soldato a richiedere la decima malgrado fosse stato avvertito che la legna apparteneva al martire. All’improvviso l’esattore fu afferrato per i capelli e trascinato in aria fino alla basilica. Qui egli confessò il suo peccato e, una volta lasciato a terra, donò immediatamente dodici monete.


Miracolo greco 12 - L’uomo posseduto dal demonio
Un uomo posseduto dal demonio, pericoloso per lui e per chi gli stava attorno, fu portato al santuario di San Mena. Una volta giunto alla basilica egli non guarì ma anzi iniziò a dibattersi ancora più violentemente. All’improvviso si presentò un uomo, al quale I genitori dell’indemoniato offrirono denaro per guarirlo. Egli prima declinò suggerendo di donare la somma al santuario poi messe le mani sul capo del posseduto si librò nell’aria e sparì. Il malato nel frattempo cadde a terra come morto ed i genitori ne presero il corpo e lo condussero al sepolcro di San Mena. Quando il corpo fu unto con l’olio della lampada del martire una fiamma sgorgò dalla bocca del posseduto ed egli fu guarito. I genitori donarono metà della loro eredità al santo ed il figlio stesso dedicò la sua vita al martire.

Miracolo greco 13 - Pastamone il ladro di maiali
Un pagano di nome Pastamone usava spesso rubare a San Mena i suoi maiali più belli malgrado fosse stato già avvisato dal santo. Mentre preparava la carne di uno di questi animali questa si pietrificò. Egli, per niente spaventato, sfidò il santo a pietrificare il suo più bel maiale e si recò ai recinti per rubarlo. Appena egli si avvicinò al maiale il suo corpo si paralizzò all’improvviso, divenendo come di legno. L’indomani fu trovato dai pastori che lo portarono al santuario dove guarì, confessò i suoi peccati e fece penitenza fino alla morte.
Felicitas Jaritz, come già detto, ha recentemente pubblicato i risultati di un imponente studio sulle fonti di lingua araba relative a San Mena. Se per una più approfondita ricerca si rimanda all’opera in questione, in questa sede sarà sufficiente sottolineare come la studiosa tedesca abbia individuato una “raccolta araba” dei miracoli riassumendone i ventitré episodi. Tredici di questi miracoli sono gli stessi della raccolta greca che, seppur con qualche minima variante, sono già stati ricordati; gli altri dieci saranno ora brevemente riportati seguendo la numerazione della raccolta araba. Tre di essi (n. 14, 16 e 20) sono rintracciabili anche nella versione copta ed in quella etiope, mentre il miracolo n. 22 solo in quella etiope.

Miracolo arabo 1 - Il muratore risorto

I fedeli egiziani, testimoni delle miracolose gesta di San Mena, decisero di edificare una grande chiesa in suo onore nei pressi del lago Mariout. Al comando del Patriarca Atanasio (328 – 373) i
lavori ebbero inizio, aiutati anche dalle libere offerte di tanti credenti provenienti da numerose regioni come l’Ifriqiya, la Nubia, l’Etiopia e la Pentapoli.
Mentre gli operai stavano innalzando un grande arco, durante l’ora nona del giorno, un di loro cadde da una grande altezza e morì. I presenti, colti da grande sgomento, portarono il corpo del giovane all’interno della nascente chiesa intenzionati a seppellirlo. A mezzanotte però, sotto le spoglie di un soldato del Re, apparve San Mena davanti al povero corpo del giovane, lo afferrò, lo mise in piedi e su ognuno dei suoi arti fece per tre volte il Segno della Croce. Poi lo benedì dicendo “Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, dell’unico Dio”. Improvvisamente il giovane prese vita ed il giorno dopo, all’arrivo di una folla di fedeli, raccontò a tutti il miracolo avvenuto nella notte. Dopo il miracolo, in segno di ringraziamento, l’operaio servì il santuario di San Mena per tutta la vita. La costruzione della chiesa terminò ed essa fu consacrata il 15 Hathor (= 11 Novembre). Da allora fu luogo di altri miracoli da parte di San Mena.

Miracolo arabo 2 - La bella figlia del borgomastro
Un giovane servo del santuario di San Mena di nome Fīlātīkā, ospite del capo cittadino che lo accolse sontuosamente, cadde vittima di un inganno. L’unica figlia del ricco uomo, bellissima di aspetto, aveva tradito l’onore della famiglia rimanendo gravida di un mascalzone e, per paura del padre, tenne nascosto il fatto finché non fu scoperta. La ragazza, come guidata da Satana, accusò il giovane servo cosicché Fīlātīkā fu portato al cospetto del capo cittadino. Quest’ultimo gli chiese “Tu uomo, perché hai compiuto un atto così orribile?” ma la risposta venne direttamente dai numerosi ritratti di San Mena appesi alle pareti che con una sola voce dissero “Il mio servo non ha disonorato questa ragazza, la figlia del capo cittadino.”.
Costui stupito dal miracolo chiese al servo di giurare che quello che aveva udito era vero e questi confermò. Il ricco signore liberò il giovane e lo fece ritornare al santuario accompagnato da preziose offerte.

Miracolo arabo 4 - La donna onesta ed il soldato

Un’onesta donna alessandrina, sentiti i racconti dei miracoli che avvenivano nella chiesa del martire Mena, decise di recarvisi. Lungo la strada però incontrò un soldato che tentò di violentarla. La donna gli intimò di lasciarla andare, invocando l’ira divina, inoltre gli offrì in cambio il denaro che aveva portato come offerta a San Mena. Nonostante le offerte l’uomo però non desisteva, poiché il suo corpo era posseduto dal demonio. Egli però non sapendo dove legare il suo cavallo annodò le briglie al suo piede destro. La donna in preda alla disperazione invocò Dio e San Mena pregandoli di aiutarla e di permetterle di portare a compimento il suo pellegrinaggio. Improvvisamente le apparve il martire che ordinò subito al cavallo di andarsene così da trascinare via il soldato fino al suo santuario dove giunse morto. La donna così poté rivestirsi e terminare il suo viaggio fino alla basilica dove fece la sua offerta e pregò. A mezzanotte apparve il martire di fronte il cadavere del soldato e, una volta resuscitato l’uomo, gli intimò di ravvedersi e non peccare mai più pena una morte ancora peggiore. Inoltre gli disse di raccontare a tutti ciò che era successo e di andare a scusarsi colla donna.

Miracolo arabo 6 - Alessandro ed il denaro prestato
Un pover’uomo di nome Alessandro si recò dal vicario di San Mena offrendogli la sua abilità nei commerci in cambio di un prestito da parte del santuario: egli, conducendo i propri affari per la gloria e sotto la protezione del martire, avrebbe restituito almeno la somma più un terzo di quello che avrebbe guadagnato. Una volta ottenuti mille denari, Alessandro in pochi tempo riuscì a guadagnarne altri duemila. Un giorno egli si sedette con la famiglia, divise il denaro per tre ed un terzo lo mise in una tasca della cintura, avvertendo tutti che solo quelli era i denari che gli appartenevano, gli altri erano di San Mena. Poco dopo arrivò uno dei figli dell’uomo, ancora bambino, e nascose la somma in un otre per l’acqua che il giorno dopo venne per sbaglio rovesciato nel fiume, cosicché il denaro cadde sul fondo. Quando Alessandro cercò il denaro non trovò più nulla e cosi qualche giorno dopo si recò al santuario restituendo il doppio della somma che aveva ricevuto, decidendo di non tenere nulla per sé malgrado l’accaduto. Il vicario lo rinfrancò dicendogli di non disperare. Infatti una notte apparve in sogno all’uomo San Mena che gli raccontò cos’era accaduto al suo denaro, ed indicatogli dov’era, lo invitò a proseguire con i suoi commerci poiché ora era sotto la sua protezione. L’uomo felice seguì il volere del martire e vide accadere tutto ciò che gli era stato detto.

Miracolo arabo 8 - La serpe nell’otre del vino
Una banda di rapinatori e briganti rubò un otre di vino e decisero di berne il contenuto nella chiesa di San Mena. Nell’otre però si trovava, a loro insaputa, una grossa serpe. Tra loro era presente anche San Mena che era cosciente della rovina a cui presto sarebbero andati incontro.
Mentre il gruppo si stava preparando apparve un agnello che andò a sbattere sull’otre rompendolo cosicché apparve loro il grande serpente che, per ordine del martire, fuggi lontano dalla chiesa.
briganti compreso il pericolo che avevano corso, ringraziarono subito San Mena del loro salvataggio e, consci della loro scelleratezza, promisero che sarebbero diventati uomini onesti e che non sarebbero più caduti in tentazione. Essi servirono per tutto il resto della loro vita San Mena ed il suo santuario, eternamente grati al martire di avere salvato le loro vite e le loro anime.

Miracolo arabo 14 - Il maiale di San Mena ucciso dal soldato
Un soldato, di passaggio presso il santuario di San Mena, fu disarcionato dal proprio cavallo poiché questi a sua volta era stato colpito da un maiale. Il cavaliere allora prese il maiale, lo macellò e lo portò via con sé. Tutto ciò accadde malgrado alcuni servi del santuario lo avessero avvertito che il maiale apparteneva al martire Mena e quindi avrebbe rischiato di scatenare la sua ira. Difatti improvvisamente San Mena gli apparve in vesti militari lo afferrò e lo trascinò in chiesa dove lo punì. Il soldato, implorandolo tra grandi sofferenze, gli chiese perdono offrendosi di servire lui ed il suo santuario per tutta la vita e di risarcire il maiale con 100 denari. Il martire lo accontentò mentre l’uomo, raccontando a tutti ciò che era accaduto, mantenne la sua promessa fino alla morte.

Miracolo arabo 16 - Il salvataggio dei pellegrini assetati
Al tempo del Patriarca di Alessandria Teofilo (384 – 412) frotte di pellegrini spesso giungevano al santuario di San Mena senza trovare però dell’acqua. Una volta un gruppo di questi lo pregarono di aiutarli e furono ascoltati, poiché apparvero loro il martire preceduto dall’angelo Michele. Entrambi si recarono alla colonna che stava davanti il santuario e l’angelo percosse la colonna con il bastone che aveva in mano. Improvvisamente da essa sgorgò una fonte d’acqua che dissetò i fedeli e i loro animali. Ben presto si scoprì che la l’acqua miracolosa aveva poteri taumaturgici, cosi venne costruita ai piedi della colonna una fontana.

Miracolo arabo 20 - La resurrezione del maiale offerto

Otto uomini incontratisi e scontenti della loro esistenza decisero di mettere una moneta d’oro ognuno e comprare un maiale: avrebbero poi portato l’animale fino al santuario del martire dove metà del maiale lo avrebbero mangiato e l’altra metà l’avrebbero offerta a San Mena. Il gruppo si mise in viaggio ma durante il tragitto apparve loro Satana che uccise il maiale. Gli uomini oramai disperati volevano rinunciare al loro proposito finché non videro arrivare un uomo, in realtà era San Mena, che suggerì loro di portare comunque il maiale al santuario e di darlo ai cani, poiché il martire avrebbe gradito comunque l’offerta. Essi allora si diressero verso la meta, ma ignoravano di essere preceduti dal Santo. Giunti al traghetto San Mena chiese al marinaio di farli imbarcare, ma questi si rifiutò poiché avevano con sé null’altro che un maiale morto. Allora San Mena diede un calcio al maiale che si alzò e corse verso il santuario mentre il martire si elevava al cielo. Gli uomini capirono di aver parlato con lo stesso San Mena ed una volta giunti alla sua chiesa, raccontarono a tutti ciò avevano vissuto. Essi decisero di dedicare tutta la loro vita a servire San Mena ed il suo santuario. Il maiale visse qui il resto della sua vita, finché non morì di morte naturale.

Miracolo arabo 21 - La carne di maiale trasformata in pietra
Un uomo giurò di donare il maiale che possedeva al santuario di San Mena. Egli però ruppe il giuramento, macellò il maiale e decise di tenerlo per sé ponendo i pezzi di carne in una coppa. Poco dopo, mentre non era presente, la carne divenne pietra e quando se ne accorse capì che questo era un segno divino. Decise allora di non mangiare mai più carne e decise di servire fino alla morte il santuario di San Mena.

Miracolo arabo 22 - Il donatore di cavalli
Un uomo molto ricco usava ogni anno regalare un cavallo a San Mena. Un anno mentre si recava al santuario con il cavallo venne attaccato da una banda di briganti che minacciavano di ucciderlo. Improvvisamente apparve loro San Mena che, liberato l’uomo, raggruppò i banditi e li portò dinanzi la sua chiesa. Essi finalmente si ravvidero dei loro peccati, chiesero grazia al martire e lo servirono presso il santuario per il resto della loro vita.
Delahaye44 afferma con sicurezza che i miracoli della raccolta greca siano opera di tradizione egiziana e di carattere popolare. L’autore della raccolta ribadisce con forza che il corpo di Mena è sempre rimasto nel luogo del suo martirio, lo stesso luogo dove poi è stato costruito il santuario in suo onore. Secondo il bollandista i miracoli, che risolvono problematiche strettamente legate alla quotidianità ed ai bisogni materiali dei fedeli, furono scritti per un pubblico di ceto medio – basso. Inoltre appare evidente che gli interventi di San Mena possono essere distinti in due tipologie: quelli punitivi verso uno o più colpevoli di peccato, e quelli taumaturgici verso persone bisognose e malate. In entrambi i casi le metodologie seguite dal martire non si potrebbero sempre definire ortodosse, ma anzi a volte quasi pagane. A questi elementi si potrebbe aggiungere il fatto che gli autori, con ogni probabilità, abbiano avuto dei legami col santuario di San Mena e che, com’è naturale, attraverso i miracoli ne abbiano promosso gli interessi. Il messaggio che appare predominante, e quasi sacrilego, è infatti quello che per avere il perdono di San Mena fosse sufficiente fare grosse donazioni, di qualsiasi natura, al suo santuario.
Un altro punto da sottolineare è che malgrado tutti o quasi i miracoli siano connessi in vario modo col Santuario a lui dedicato, San Mena appare libero di intervenire in qualsiasi luogo ove egli venga invocato. Questo avviene probabilmente a causa della consapevolezza degli autori della vastità del suo culto (che si tratterà in seguito), così da “garantire” il suo aiuto a tutti i fedeli che l’avessero invocato, anche se molto distanti da Karm Abu Mina. Lo spirito invisibile di Mena appariva allora a chi ne chiedeva l’aiuto ed egli si mostrava spesso a cavallo ed in vesti militari. Questa particolarità, che stride come si vedrà con l’iconografia tardo antica del santo, potrebbe avvalorare l’ipotesi di un’origine copta dei miracoli, in quanto i santi militari egiziani nella cultura copta tradizionalmente compaiono spesso come soldati a cavallo.45
In ogni modo Delahaye sottolinea come le raccolta sia stata scritta evidentemente da un egiziano, e di come non venga minimamente messa in dubbio l’origine di Mena: egli è un santo egiziano, di origine egiziane, martirizzato in Egitto, il cui culto poi è divenuto celebre e si è diffuso anche oltre i confini, ma le cui spoglie rimangono nel paese del Nilo.
Si conoscono altri episodi di miracoli riconducibili a San Mena, di età e provenienze diverse, che non si trovano all’interno di alcuna raccolta bensì in altri manoscritti. In proposito è sufficiente ricordare il miracolo nubiano edito da Griffith46; i due editi da Drescher a termine del suo lavoro, di cui il primo, a suo avviso, rappresenta il migliore esempio dal punto di vista narrativo tra i miracoli di tutte le raccolte.47 Come è stato già scritto, anche Jaritz48 ha individuato altri cinque miracoli, oltre quelli già citati e riassunti, provenienti da altri manoscritti. Questi episodi non si discostano troppo dal contenuto dei miracoli già elencati e perciò è stato ritenuto opportuno non darne alcuna sintesi, con la sola eccezione del miracolo nubiano: esso infatti è legato ad un immagine di San Mena che verrà analizzata in seguito.

Miracolo nubiano - La donna sterile e l’uovo

Una donna pagana aveva la sfortuna di essere sterile ed assieme a lei anche le serve e gli animali della sua casa non riuscivano a rimanere gravide. Uditi i miracoli di San Mena, la donna lo pregò promettendogli di convertirsi e di donargli il primo uovo che una delle galline avrebbe deposto. Avvenuto il miracolo, la donna decise di partire e una volta giunta al porto di Philoxonite si imbarcò. Il marinaio, cristiano, sentita la sua storia le promise di portare lui l’uovo al Santuario di San Mena lasciandola libera di ritornare alla sua casa. Il marinaio giunse al santuario ma dimenticò la promessa. Quando il figlio, tre mesi dopo, gli ricordò dell’impegno preso egli decise di mangiare l’uovo. Giunto in un altro porto il marinaio si recò a messa in una chiesa dedicata alla Vergine Maria e ad un tratto, come in una visione, vide avvicinarsi San Mena su di un cavallo bianco: conscio del motivo si prostrò ai piedi di un’immagine della Vergine per implorarne il perdono. Una volta giunto, il martire percosse il capo del marinaio che sputò l’uovo ancora integro il quale miracolosamente prese vita divenendo una gallina. Portò così l’animale alla donna e le disse che era guarita e che il figlio che avrebbe avuto avrebbe ricevuto il nome di Mena. Da allora tutta la casa fu benedetta da grande fertilità. Quando il bambino fu nato, la donna partì per il santuario di San Mena con tutta la famiglia, dove tutti si battezzarono. Periodicamente da allora ringraziarono il martire facendogli ricchi doni.

Venerato nella nostra parrocchia da molti  parrocchiani per conoscere la sua vita e sapere di più su questo santo collegatevi


Tesi di laurea di ALESSIO REDIGOLO 

Corso di Laurea magistrale in Storia delle Arti e Conservazione dei Beni Artistici





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